La grande chiesa parrocchiale di S. Vittore si inserisce nel tessuto urbano medievale del borgo di Cannobio in vicinanza del palazzo comunale, detto Parasio, lungo la viabilità di risalita dal lago verso l’entroterra. L’edificio oggi presenta caratteristiche architettoniche settecentesche, definite dalla completa ricostruzione cui fu sottoposto, mentre il vicino alto campanile conserva l’aspetto originale di quando fu edificato con un unico cantiere costruttivo nel tardo medioevo (XIII secolo) ad opera dei mastri Rusca de Soma (Somma Lombardo) e Girardo de Sauxa (Saas nel Vallese). Esso, integrato con il Parasio, ricoprì nei secoli la duplice funzione di campanile e di torre civica.
La prima menzione della Chiesa di San Vittore risale al 1076, mentre nel 1135 viene indicata come capopieve di un vasto territorio esteso su entrambe le sponde del Lago Maggiore, in Valle Cannobina e Val Veddasca.
Nel 1155 dopo un completo rifacimento venne consacrata dall’arcivescovo di Milano Uberto Pirovano. La Collegiata, officiata da un prevosto assistito da dodici canonici, fu ampliata nuovamente nel 1296 con licenza di Ottone Visconti, arcivescovo di Milano. L’edificio del XIII secolo, ancora ampliato nel XVI secolo, come attesta la consacrazione del nuovo altare maggiore ad opera di San Carlo Borromeo nel 1574, fu conservato fino al XVIII. A quest’epoca l’antica costruzione venne demolita per far posto ad una nuova molto più vasta, che mantenne la stessa larghezza della precedente, ma fu allungata verso est e verso ovest, mutandone l’orientamento e portando ad occidente la zona presbiteriale con un profondo coro e dotandola di un’ampia cupola. I lavori furono avviati nel 1733. La nuova chiesa venne consacrata nel 1749 dal cardinal Pozzobonelli.
La facciata in stile neoclassico realizzata in granito e completata con le statue di San Vittore, Sant’Ambrogio, San Carlo, Davide e Mosè dello scultore Gaetano Motelli, venne completata nel 1833 su progetto del noto architetto milanese Giacomo Moraglia (1825); all’esecuzione fra 1831 e 1832 sovrintese e collaborò anche l’architetto neo-classico Fernando Caronesi.
Arte
Il presbiterio accoglie, oltre all’altare maggiore in marmo bianco opera di Giuseppe Catella di Viggiù (1808), due grandi tele barocche di Federico Bianchi (Milano 1635-1719), che raffigurano gli episodi biblici del Ritrovamento di Mosè e dell’Esodo dall’Egitto. Sulla parete a sinistra dell’altare si trova l’armadio antico per la reliquia della Sacra Costa in legno intagliato opera di Bartolomeo Tiberino del 1629.
Oggi la venerata reliquia è conservata in un reliquiario d’argento in una cappella ricavata nella cupola del tiburio, messa in evidenza da una cornice, detta “nivola” in rame argentato, che, grazie ad un meccanismo messo in opera dalla ditta Melchiorre Güller di Ghiffa nella seconda metà dell’Ottocento, viene fatta calare tutti gli anni in occasione della ricorrenza del Miracolo della Sacra Costa.
La cupola ellissoidale è stata costruita nella forma attuale nel 1855 e decorata ad affresco nel 1922 da Mario Albertella.
Nell’unica grande navata si aprono sei cappelle. A partire dal presbiterio, nei bracci laterali dell’impianto a croce latina troviamo a sinistra (lato sud) l’altare della Vergine Addolorata con la statua donata nel 1947 dalla fam. Reschigna, a destra quello della discesa di Cristo al Limbo detto anche “dei morti”, in cui sono ospitati alle pareti due polittici cinquecenteschi provenienti dalla chiesa di Carmine superiore: a destra una Madonna in trono col Bambino e i santi Gottardo e Bartolomeo di Galdino da Varese (fine XV secolo); a sinistra ancora la Madonna con Bambino e i Santi Rocco e Bartolomeo apostolo di Giovanni Battista da Legnano (1529).
Seguono a sinistra l’altare della Beata Vergine del Consorzio con pala d’altare di Antonio De Giorgi (1723-1793) con Sant’Anna e San Giuseppe in adorazione dell’Incoronazione di Maria e, al di sotto, un’antica icona della Madonna col Bambino, acquistata nel 1697.
A destra l’altare di S. Giuseppe propone una pala della Sacra Famiglia opera del pittore Amedeo Patrizi di Cavaglio. Infine, a lato del grande portale d’ingresso si trova a sinistra l’altare di S. Nicola di Mira con pala che raffigura il santo che placa le acque del mare, insieme ai santi Antonio abate e da Padova; a destra l’altare dell’Annunziata. In quest’ultimo è ospitato un Crocifisso ligneo della seconda metà del XVI secolo proveniente dalla chiesa di S. Marta.
La cappella battesimale presenta a copertura del fonte un ciborio ligneo di fine XVI secolo, raffinata opera d’intaglio di artista lombardo.
Devozione
La dedicazione a S. Vittore martire contraddistingue le più antiche chiese presenti sul Lago Maggiore (oltre alla Collegiata di Cannobio, quella di Intra, e le tre chiese delle Isole Borromee), a testimonianza del forte legame di questo territorio con la diocesi di Milano e la figura di Sant’Ambrogio. Fu infatti il santo vescovo di Milano a promuovere il culto del soldato romano Vittore, cristiano di origine mauritana che, di stanza a Milano, rifiutandosi di venerare gli idoli pagani, come ordinato dall’imperatore Massimiano, fu sottoposto a tormenti e infine decapitato.
La sua ricorrenza ricade l’8 maggio.
Nelle raffigurazioni è presentato come soldato romano, così lo vollero anche nella statua in pietra di Viggiù che corona la facciata della chiesa, dove San Vittore, abbigliato in vesti militari, con l’elmo deposto ai piedi, reca nelle mani la palma del martirio.