
Collegiata di San Vittore
Cannobio
Il paesaggio del borgo di Cannobio, visto dal lago, ma anche dalla piazza lungolago, è dominato dall’architettura del Santuario della SS. Pietà. L’edificio, a navata unica con transetto coperto a cupola, è sormontato da un elegante tiburio ottagonale, all’interno impostato su trombe angolari che mediano il passaggio dalla base quadrata della campata d’incrocio a quella ottagonale del tamburo. Il tamburo è traforato da aperture architravate. Sullo spigolo sudoccidentale del transetto si innesta la torre campanaria.
L’imponente mole dell’edificio si dispiega su diversi livelli, poiché l’aula si trova al livello della piazza superiore ed è costruita utilizzando come sostruzione il passaggio voltato dell’antica strada pubblica che correva parallela alla riva del lago. Il collegamento tra la piazza superiore, il passaggio voltato e il lungolago è garantito da due imponenti scalinate che costeggiano l’aula del Santuario sui lati settentrionale e meridionale.
Il Santuario della SS. Pietà è situato nel luogo di una casa privata, dove, secondo la tradizione, si verificò il miracolo della “Sacra Costa” nel 1522. Due anni dopo il miracolo si costituì la cosiddetta “Confraternita della devozione” che ristrutturò le camere superiori della casa di proprietà Zaccheo per ricavarne una cappella. In questa cappella celebrò la sua penultima messa San Carlo Borromeo e fu proprio lui a chiedere la costruzione di un grande Santuario per onorare il miracolo lì avvenuto. Il progetto venne affidato all’architetto Pellegrino Tibaldi che si servì di maestranze locali, dirette dai Beretta di Brissago, in particolare da Pietro, che viene ricordato come architectus del santuario in un’epigrafe in esso murata datata 1601.
Dal 1575 al 1614, col sostegno finanziario dei devoti si lavorò per l’erezione della struttura, che poi lungo i secoli XVII e XVIII fu arricchita di affreschi e tele fino a raggiungere lo splendore di oggi. La facciata è la parte più recente, progettata insieme alla navata dall’architetto romano Giovanni Ruggeri, realizzata all’inizio del 700 e completata con il rivestimento in granito rosa di Baveno nel 1908 su progetto dell’architetto Febo Bottini e con il medaglione bronzeo dello scultore cannobiese Giulio Branca (1850-1926), che rappresenta l’effigie miracolosa della Santa Pietà.
Il complesso monumentale del Santuario ha richiesto già dall’Ottocento interventi di restauro all’apparato decorativo. Le campagne più imponenti si sono svolte attorno al 1848 con l’intervento del pittore Baldassare Verazzi sugli affreschi degli altari laterali, e negli anni 1930-40 a cura dell’artista e restauratore cannobiese Mario Albertella; a partire dagli anni Novanta sono stati eseguiti restauri con moderni criteri degli affreschi della volta, della cappella del Rosario (2001), degli stucchi del tiburio (2002), della cappella di San Lorenzo (2009), di varie tele (2010), della pala di Gaudenzio Ferrari (2009-10), dei quadroni della navata (2014) e delle tele del presbiterio (2016).
L’elemento artistico più antico, all’origine della costruzione del santuario, è la pergamena dipinta con il Cristo in Pietà, risalente alla seconda metà del XV secolo, che propone il Salvatore emergente dal sepolcro con accanto la Madonna e S. Giovanni, dietro la croce e tutto intorno gli strumenti della Passione. Essa è oggi al centro dell’altare, incastonata nell’alzata e sormontata dalla preziosa pala con la Salita al Calvario, realizzata da uno dei più apprezzati artisti milanesi del XVI secolo, Gaudenzio Ferrari, come attesta il contratto stipulato dalla fabbriceria nel 1536, e messa in opera nel 1538. La pala si colloca entro l’altare marmoreo, realizzato tra il 1636 e il 1659 con marmi di Arzo e Candoglia e sculture di coronamento in marmo di Carrara, su disegno dell’architetto Francesco Maria Richini (1584-1658), e sotto la direzione esecutiva dell’ing. Giovanni Angelo Crivelli, entrambi milanesi e con ruoli di rilievo nel cantiere del Duomo. Il presbiterio che lo accoglie presenta volte riccamente decorate a stucchi attorno al 1617-18 dallo stuccatore bergamasco Taddeo Guerini e, un secolo dopo, nel 1724-25, riempiti da pitture con scene della Passione di Cristo da Cristoforo Giussani (1671-post 1747), pittore di Angera protetto dai Borromeo. Allo stesso autore e periodo si devono anche le scene dell’Orazione nell’orto e il Congedo di Gesù da Maria inserite nelle volte della navata, questa volta entro cornici a stucco coeve, realizzate a partire dal 1719 dallo stuccatore di Germignaga Rocco Pisoni.
Alle pareti del presbiterio trovano posto due grandi tele di Luigi Pellegrini detto Scaramuccia, valente pittore originario di Perugia (1616-1680), che le eseguì nel 1657, raffigurandovi la Flagellazione e l’Incoronazione di spine. Accanto ad esse si trovano quattro quadri con storie della Passione di Cristo, il Tradimento di Giuda e la cattura, Gesù davanti a Caifa, Gesù davanti a Pilato e Gesù davanti ad Erode, realizzate dal cannobiese Ambrogio Omacini, nel 1676.
Gli affreschi del tiburio con figure di angeli dolenti sono del gallaratese Carlo Cane (1615-1679), realizzati con l’aiuto di Giuseppe Ghiringhelli di Sant’Agata, nel 1661-62 e inseriti nei decori a stucco di gusto pienamente barocco eseguiti tra il 1657 e il 1659 da Francesco Sala di Lugano, con la collaborazione di Carlo Teruggi di Dumenza, che compone cornici con figure angeliche, grandi sculture di angeli dolenti sedute sui cornicioni e gli Evangelisti nelle vele.
I bracci del transetto sono occupati da due cappelle. A sinistra l’altare marmoreo della Madonna del Rosario, realizzato, come l’altare maggiore, su progetto del Richini ed eseguito dal Crivelli, mettendo in opera marmi di Arzo e Candoglia attorno al 1633, dispiega un ricco apparato a stucco attribuibile a maestranze luganesi. Negli stucchi si inseriscono affreschi, realizzati dopo il 1643, con la Nascita e lo Sposalizio della Vergine, nella lunetta l’Annunciazione e nelle volte l’Incoronazione della Madonna. Sulla pareti laterali due dipinti con la Madonna Immacolata (attribuito a Salvatore Pozzo originario della Valsolda 1595-1681), e la Madonna del Rosario con il Bambino e i Santi Domenico, Caterina, Barbara, Francesco, Bonaventura, un altro santo non identificato e i due committenti. Al centro entro nicchia in legno intagliato e dipinto realizzata da bottega aronese nel 1631, si trova oggi la statua della Madonna con Bambino realizzata dallo scultore cannobiese Giulio Branca nel 1923, attorno i medaglioni con i misteri del Rosario di primo Settecento.
A destra si trova la cappella di S. Lorenzo, allestita tra il 1703 e il 1716, secondo il disegno di Filippo Cagnola, con gli interventi dei lapicidi e stuccatori luganesi Giuseppe Neuroni e Giovanni Maria Cerutti. Al centro campeggia la pala con il Martirio del santo firmata da Pietro Didaco Anguiano e datata 1653, coronata dal timpano in marmo nero con angeli in marmo di Carrara recanti gli strumenti del martirio del santo. Nelle volte e sulle pareti entro le cornici a stucco sono dipinti episodi della vita di San Lorenzo, di cui non si conosce l’autore originario, ma che si sa essere stati ridipinti nel 1848 dal pittore caprezzese Baldassare Verazzi.
Nella navata riedificata attorno al 1710 (disegno dell’architetto Giovanni Ruggieri, apparati lapidei degli scalpellini Antonio Paracca e Stefano Marchesi di Saltrio e Antonio Piodi di Viggiù), si dispongono quattro quadroni che narrano i momenti del Miracolo della Sacra Costa, eseguiti dall’artista milanese Antonio De Giorgi (1723-1793), che viene pagato nel 1768.
Il Santuario conserva l’icona che fu protagonista di un miracolo eucaristico nelle notti dell’8, 9 e 10 gennaio 1522. Nell’osteria di Tommaso Zaccheo una cameriera recatasi al piano superiore per recuperare delle lenzuola, si sarebbe accorta di una perdita di sangue da un dipinto raffigurante il Cristo. La sera seguente, sulla tovaglia sottostante al quadro, venne trovata una piccolissima costola, proporzionata al corpo di Cristo dipinto e da esso miracolosamente fuoriuscita. Essa fu raccolta e portata in processione fino alla chiesa parrocchiale, dove ancora oggi è custodita in un prezioso reliquiario donato dal Cardinal Federico Borromeo. Ogni anno nelle giornate del miracolo se ne rinnova la memoria, facendo scendere la reliquia dal repositorio collocato nella cupola della parrocchiale di San Vittore e trasportandola presso il Santuario con una suggestiva processione serale, per la quale le vie del paese vengono illuminate da lumini e candele, motivo per cui la festa è anche detta dei “lumineri”.