La chiesa parrocchiale di San Materno sorge all’estremità est del paese di Orasso, su un poggio cintato, che si raggiunge con breve cammino all’interno del nucleo storico del paese che mantiene i caratteri dell’edilizia rurale alpina e presenta alcuni edifici di pregio tardomedievali. L’edificio, canonicamente orientato, presenta le forme barocche dell’ultimo intervento costruttivo, che le ha conferito un’alta facciata, scandita in tre ordini da cornici marcapiano e mossa da quattro lesene, tra le quali si aprono nicchie con sculture in stucco. Il primo ordine è in blocchi di pietra a vista, privo di decorazioni; al secondo ordine si trova al centro il Cristo risorto, ai lati S. Pietro e S. Carlo Borromeo; al terzo ordine si trovano S. Antonio abate e S. Rocco.
Il campanile, in stile romanico a tre specchiature con archetti pensili, è discosto dalla chiesa e posto verso ovest.
La prima notizia di officiatura della messa a Orasso da parte dei canonici di Cannobio risale all’anno 1000, quando la cappella doveva essere dedicata a S. Salvatore. Essa è in seguito indicata come “cappella de valle Canenina” nella Notitia cleri mediolanenis del 1398.
Dell’impianto medievale resta il campanile, in stile romanico ascrivibile alla prima metà del XII secolo, mentre l’abside, la parete settentrionale e un lacerto della meridionale dell’attuale sacrestia sono elementi superstiti dell’antica cappella.
La parrocchialità fu conseguita tra XIV e XV secolo, ma non si dispone di un vero e proprio atto di separazione dalla matrice di Cannobio, tuttavia dal 1335 risulta un canonico residente a Orasso che celebra anche nelle cappelle dipendenti di Cursolo, Spoccia, Gurro, Falmenta e Crealla. Nella visita pastorale di S. Carlo Borromeo nel 1574 la chiesa, dotata di battistero, viene descritta come angusta, vengono quindi raccomandati lavori di ampliamento che, con la visita di Federico Borromeo nel 1605, risultano realizzati. L’edificio fu ulteriormente ampliato fra il 1673 e il 1676.
Arte
Il presbiterio è dominato da un grandioso tabernacolo ligneo, opera degli intagliatori ossolani Giorgio de Bernardi e Giulio Gualio, collocato attorno al 1676 e caratterizzato dalla facciata tripartita ad arco trionfale con volta a botte cassettonata, al cui interno si trova il Crocifisso, mentre Cristo risorto è posto al di sopra del fastigio e statue di santi entro le nicchie laterali e sulle torrette.
Alle pareti del presbiterio sono esposte varie tele seicentesche: la Fuga in Egitto (sopra la porta della sacrestia, attribuibile al pittore Francesco Balconi), Santa Rosalia di Palermo in adorazione della Madonna con Bambino, La Madonna del Rosario con i Santi Domenico e Caterina da Siena, la Trinità, San Pio V in preghiera, cui due angioletti porgono la tiara e il bastone papale.
Sono presenti due cappelle laterali, a sinistra del presbiterio quella dedicata alla Madonna Addolorata, con pala raffigurante la Pietà, san Materno e una santa, forse da identificarsi con Santa Eurosia, protettrice delle coltivazioni, e altare con paliotto in scagliola con l’Addolorata, firmato da Giuseppe Maria Pancaldi di Ascona (1700-1778). A destra si trova la cappella di S. Mauro abate, raffigurato nella pala mentre predica e soccorre gli infermi. La tela è inserita in una cornice lignea intagliata, dorata e dipinta con coronamento con l’Eterno Padre. L’altare presenta paliotto in scagliola con S. Materno, riutilizzato dall’altare maggiore.
Le volte della navata sono state dipinte nel 1863 dai fratelli Avondo di Varallo, con figure della Vergine, di profeti e la Gloria di San Materno.
Nella sacrestia, che corrisponde all’antico impianto romanico, sono visibili i resti di una pittura raffigurante San Cristoforo, databile tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo. Nella parte inferiore della stessa parete sopravvivono frammenti di una fase più recente, con gli elementi di un trono e un cartiglio che reca la data 1570. Questa data e l’analisi stilistica lasciano supporre anche qui l’intervento del pittore vigezzino Francesco Balconi. I restauri del 2021-22 hanno inoltre portato alla luce gli affreschi del sottarco, con medaglioni con le figure dei profeti identificati da cartigli, e, alla base, la firma Paulus de Bagiochis (XV secolo). Poco sotto il cartiglio, sul pilastro alla base dell’arco, è infine emersa la figura, rinascimentale, di un Santo vescovo, forse San Materno, sopra il quale campeggia l’iscrizione “S. Salvatoris”, antica dedicazione della chiesa di Orasso.
Devozione
S. Materno, che si festeggia il 18 luglio, fu il settimo vescovo che resse la diocesi di Milano. Non si conoscono con certezza né l’anno d’inizio dell’episcopato (attorno al 316), né quello della morte (forse il 328). A lui si deve la costruzione della basilica dei Santi Nabore e Felice, per accogliere i corpi dei due martiri, che volle valorizzare, seguendo l’esempio di S. Ambrogio, che fece altrettanto per i resti dei santi Gervasio e Protasio. La dedicazione della chiesa di Orasso a questo santo vescovo è significativa del forte legame della Valle Cannobina con la diocesi di Milano e con la pieve di Cannobio.