L’ampio sagrato su cui si affaccia la chiesa parrocchiale di San Maurizio della Costa è un vero e proprio balcone panoramico, da cui si gode una straordinaria vista sul lago. Oltre alla chiesa, vi prospetta l’Ossario a pianta centrale con affreschi settecenteschi.
L’architettura della parrocchiale adotta soluzioni tipiche degli edifici rinascimentali di quest’area e presenta una maestosa facciata, con porticato a tre fornici, chiamato a sostenere un’aula sovrastante, che accoglieva l’oratorio dei Confratelli. Nella fascia centrale si apre una finestra a serliana al centro e due finestre ad arco ai lati. L’alto campanile si erge sul retro della chiesa.
La prima menzione della chiesa di San Maurizio si ricava da un calendario liturgico del 1125, conservato nella chiesa matrice di S. Vittore di Intra, che indica come i canonici fossero soliti commemorare la dedicazione della ecclesiae sancti Mauricii il 19 marzo. Più tardi nel 1133 viene invece citata in un diploma di papa Innocenzo II come pertinenza della pieve di Intra.
L’attuale struttura della chiesa di San Maurizio corrisponde nelle sue linee essenziali alla ricostruzione cinquecentesca della chiesa preesistente, che doveva ricoprire il ruolo rilevante di sede di a una delle “decanie” o “degagne”, le circoscrizioni amministrative nelle quali era suddiviso il territorio della pieve di Intra, e costituiva quindi il più insigne edificio di culto di questa porzione di territorio: dalla degagna di San Maurizio dipendevano 22 agglomerati siti nei territori degli odierni comuni di Ghiffa e Oggebbio. La chiesa per secoli fu servita dai Canonici di Intra, ma dal 1825 ebbe un proprio arciprete residente.
L’edificio fu ricostruito in forme rinascimentali a partire dal 1547, quando il vescovo Arcimboldi aveva autorizzato la demolizione della chiesa precedente, che versava in gravi condizioni di conservazione propter antiquitatem. Già nel decennio precedente erano però in corso i lavori per la ricostruzione del campanile: una lapide sul lato nord riporta infatti scolpita la data 1535.
Nel 1829 fu aggiunta la sacrestia, nel 1911 fu ampliata la cappella di San Vitale per ricavarvi uno scurolo.
Arte
Il presbiterio è allestito con un elegante altare settecentesco in marmo, mentre l’attuale mensa rivolta verso i fedeli, realizzata nel 2018 in legno d’ulivo di Calabria da Giorgio Romani, raffigura un pellicano, simbolo del dono eucaristico di Cristo.
In un angolo del presbiterio si osserva l’unica testimonianza artistica dell’antica chiesa riscoperta durante restauri del 1911: un affresco cinquecentesco della Madonna di Loreto attribuito al pittore Giovanni Maria de Rumo.
Lungo la navata si aprono 5 cappelle. Nella parete settentrionale, a sinistra del presbiterio, si trovano la cappella del Battistero, con ciborio ligneo della bottega aronese di Antonio Pino (seconda metà del XVII secolo), segue l’ottocentesco altare dell’Immacolata e infine quello della Madonna del Rosario, attestato già nel 1618. In esso, entro un pregevole apparato in stucco di maestranze lombarde (attr. Bernardo Bianchi attorno al 1630), si trova una grande ancona lignea con i 15 Misteri del Rosario e al centro una nicchia con statua della Vergine, attribuita, come l’ancona, all’intagliatore aronese Bartolomeo Tiberino (XVII secolo); ai lati le statue di San Domenico e San Pietro Martire, anch’esse di bottega aronese. Due tele poste sulle pareti laterali raffigurano L’apparizione della Vergine al domenicano papa PioV, per annunciare la vittoria cristiana nella battaglia di Lepanto e Papa Gregorio XII nell’atto di istituire la festività della Madonna del Rosario. Contengono entrambe la data 1637 e una anche la firma Loyxius Realis Florentinus. Questi dipinti costituiscono le prime opere realizzate fuori dal Canton Ticino da Luigi Reali (1602-1660), nato a Firenze da genitori ticinesi in seguito rientrati in patria. Le due tele poste nella volta appartengono invece a un intervento compiuto nel 1908.
Lungo la parete di destra si aprono, invece, verso il presbiterio l’ottocentesco altare del Sacro Cuore, e, in posizione centrale quello di S. Vitale martire, che accoglie la reliquia estratta dalle catacombe e donata alla chiesa di S. Maurizio dal cardinale Giacomo Antonio Moriggia nel 1702. Le spoglie del santo sono conservate in un’arca dietro l’altare in marmo, attorno alla quale è stato edificato un vero e proprio scurolo su disegno dell’architetto Giulio Cesare Aluvisetti (Ghiffa 1794-1851), progettista anche del campanile della chiesa di S. Vittore di Intra.
Gli affreschi della volta del presbiterio, con l’Eterno Padre, e della navata, con figure di angeli e la Gloria di S. Maurizio, sono opera del 1867 di Giovanni Valtorta (Milano 1811-1882).
Devozione
San Maurizio fu, secondo il racconto agiografico, un generale dell’impero romano, a capo della legione Tebea, reclutata nei pressi della città egiziana di Tebe, in Egitto. I militi vennero impiegati in azioni militari a nord delle Alpi ed in seguito al loro rifiuto di compiere un sacrificio pagano prima di una battaglia o, secondo altra tradizione, di intraprendere azioni punitive contro i cristiani locali, sarebbero stati martirizzati sul posto. Il luogo dell’eccidio, forse avvenuto negli anni dell’ultima persecuzione di Diocleziano, ebbe luogo nei pressi di Agaunum in Raetia, ove sorge oggi la cittadina di Saint Maurice-en-Valais, in Svizzera e dove si trova un’abbazia dedicata al santo. Maurizio viene raffigurato tradizionalmente nella sua armatura di soldato, a volte a cavallo, la festività ricorre il 22 settembre.
A Ghiffa è molto sentita anche la devozione per San Vitale, corpo santo estratto dalle catacombe romane e donato alla chiesa nel 1705 dal cardinal Morigia. Il presunto martire è considerato compatrono della parrocchia e viene festeggiato nella prima domenica di agosto. Le reliquie sono ancora oggi composte nella forma che venne loro conferita all’inizio del Settecento: un lavoro di squisita fattura, sia nella composizione dello scheletro, sia nella foggia dell’abito che presenta. Il teschio è ora coperto con una maschera in argento che riproduce le ideali fattezze del presunto martire, realizzata da Simone Ghielmi, in occasione del terzo centenario dell’arrivo delle ossa, celebrato nel 2002. L’urna in cui è conservato il manichino e lo spazio in cui è collocata sono stati completamente rinnovati a inizio Novecento.
Info
Apertura: sede parrocchiale, sempre aperta in orario diurno.